Persone comuni felici

Quando il Budda si "accende" dentro i problemi si risolvono, perchè la saggezza ci fa imboccare la strada giusta, l'armonia con l'ambiente ci fa essere al posto giusto nel momento giusto, la forza vitale alleggerisce ogni peso, la realtà appare per quello che è: le ombre che fanno paura si diradano e un coraggio fiducioso prende il loro posto.
L' obiettivo di questa pratica non è quello di diventare esseri superiori e perfetti, ma persone comuni felici.

venerdì 19 febbraio 2010

Le sei Paramita

Corso del venerabile Geshe Gedun Tharchin

http://www.geduntharchin.it

Milarepa dice che “le sei Paramita contengono tutto l'insegnamento buddhista. Per coloro che praticano il Dharma la ricchezza è solo una causa di distrazione. Colui che darà via tutti i suoi beni materiali rinascerà come principe del cielo (cioè avrà condizioni molto favorevoli alla pratica).

Nobile è colui che pratica la generosità”.

Milarepa dà insegnamenti estremamente pratici, in poche parole. “La moralità è la sola che conduce alla liberazione, e tutti i praticanti buddhisti dovrebbero praticarla.”

La pazienza è la virtù di cui il Buddha si occupò in modo particolare: “E' un vestito difficile da indossare, ma tutti i meriti si sviluppano nel momento in cui viene indossato.

La diligenza è il sentiero breve che conduce alla liberazione, senza di essa nulla può essere fatto.

Questi 4 meriti sono indispensabili.

La concentrazione è un insegnamento che sta tra saggezza e accumulazione dei meriti. Tramite la concentrazione tutte le distrazioni vengono allontanate.”

Una caratteristica di Milarepa è che il suo insegnamento è la sua vita, viene riconosciuto anche in ambito Theravada, dove, generalmente, la tradizione tibetana è considerata strana: i cappelli di diversi colori… e così via. Milarepa era un upasika, persona laica, non ordinata. La sua vita è il modello attraverso cui praticare il buddhismo tibetano; quando guardo alla vita di Milarepa non vedo mai che lui si sia seduto su di un trono, o che si sia messo un particolare cappello.

Il quinto capitolo del Bodhicaryavatara è un condensato, contiene un'esposizione cadenzata delle paramita.

Stanza 9: Se la perfezione della generosità consiste nel rendere l'universo libero dalla povertà, come possono averla conquistata i Protettori precedenti, se il mondo è ancora oggi sempre povero?

Stanza 10: Si dice che la perfezione della generosità derivi dall'atteggiamento mentale di lasciare a tutte le persone tutto quello che si ha, insieme con il frutto di quell'atto. Perciò la perfezione è l'atteggiamento mentale stesso.

La generosità, si dice qui, è uno stato mentale e la sua pratica, quindi, non dipende da cose esteriori; se pensiamo che generosità significhi colmare tutti i bisogni materiali di tutti gli esseri, allora in che modo dobbiamo considerare l'azione di tutti i Buddha, che hanno portato a termine la sua pratica, visto che la povertà è rimasta? È uno stato mentale che consiste nella consapevolezza del risultato del portare beneficio agli altri (il buddhismo è comprendere). Non dipende da quanto uno possiede, si può non avere nulla e praticare ugualmente la generosità, non dipende da una condizione esterna.

Nel Lam Rim di Lama Tzong Khapa la generosità è “la gemma che esaudisce tutti i desideri. È ciò che può tagliare il cappio delle nostre miserie, è l'azione dei Bodhisattva che può espandere il potere del nostro cuore. È il modo per diffondere la nostra buona reputazione.” Ne derivano cinque benefici principali. Milarepa parla anche degli svantaggi del non praticare la generosità.

Anche se facciamo una piccola offerta materiale ad una persona molto povera, meritiamo ammirazione.

L'oggetto della pratica sono le cose da donare: il corpo, i beni materiali e l'accumulazione di meriti nei tre tempi, presente - passato - futuro. È molto importante che queste tre cose siano dedicate al beneficio degli altri esseri; non è impossibile, anche nella nostra società ci sono persone che fanno questo. Oppure ci sono persone che hanno il desiderio di donare ma, a volte, hanno difficoltà a metterlo in pratica, incontrano degli ostacoli nel progredire su questo sentiero; probabilmente sono persone che non hanno un approccio corretto con questa pratica. Ci sono anche persone che traggono benefici egoistici dalla generosità degli altri e ne scoraggiano la pratica, in questa società non c'è molto spazio per i Bodhisattva. Per praticare l'intento del Bodhisattva bisogna avere molto coraggio e determinazione, come Buddha Sakyamuni e Milarepa.

Oggi ci sono maestri che dicono: “io ti posso dare l'illuminazione all'istante”, non è possibile, è un altro tipo di illuminazione, non quella di cui parla Buddha Sakyamuni.

Anche donare il Buddha è generosità, anche donare il nostro tempo: questo ci libera dalla nostra avarizia e attaccamento.

Se dico cento volte “questo orologio è mio”, quando lo perdo è come se lo perdessi cento volte; se non ho sviluppato attaccamento, anche se perdo l'orologio, non cambierà niente, io non cambio, sono sempre lo stesso.

Stanza 11 - Dove si potrebbero portare i pesci e le altre creature in modo che io non possa ucciderli? Tuttavia, si conviene che raggiungere l'atteggiamento mentale di astenersi dagli atti del mondo è la perfezione della moralità.

La disciplina etica è, parimenti, uno stato della mente che preserva le virtù etiche. Non uccidere non vuol dire che dobbiamo proibire il compimento di qualsiasi azione dell'uccidere nel mondo, rendere il mondo perfetto, si tratta sempre di un'attitudine mentale che ci impedisce di compiere questa azione.

Ci sono tre modi per praticar la generosità:

1. generosità del Dharma; riguarda più che altro gli insegnamenti di Dharma, ma vi sono inclusi anche i consigli e i suggerimenti che noi praticanti possiamo dare agli altri. Il coinvolgere gli altri, in modo indiretto, nelle nostre azioni virtuose. Tutto retto da una motivazione altruistica, senza aspettative riguardo ad una ricompensa. Questo è il fondamento per la pratica di una generosità pura. Si dà unicamente per il beneficio degli altri. Trasmettere delle conoscenze o educare, ma non dobbiamo andare dalle persone e dare consigli senza che loro chiedano.

2. generosità del donare oggetti materiali

3. generosità di protezione; ad esempio proteggere la vita di altre persone o animali.

Moralità - atteggiamento mentale del non recare danni agli altri, disciplina di mente - corpo - parola. In tibetano ci sono due traduzioni per il termine sanscrito shila, moralità: letteralmente è sil-to, cioè raggiungere freschezza, tecnicamente è tsultrim , cioè norme etiche.

Lo stress è dovuto ad un eccesso di energie negative, quando abbiamo realizzato la moralità evitiamo le azioni negative che danneggiano gli altri, e questo ci fa raggiungere la pace mentale. Quando si parla dell'etica buddhista si parla subito dei 5 precetti, che sono contemplati sia dalle persone ordinate che dai laici, e delle 10 azioni virtuose: sono consigliabili non solo per i buddhisti, ma per tutti. Non necessariamente chi segue queste regole è buddhista. Non seguendo tali regole rechiamo danno direttamente e indirettamente agli altri e a noi stessi. Per chi accetta i 5 precetti le 10 azioni virtuose sono fondamentali. Io, come insegnante di Dharma, non potrei parlare di questi 5 precetti a persone che non li hanno presi, è un dogma del Vinaya.

Ci sono 3 tipi di voti:

1. di pratimoksa

2. tantrici

3. del bodhisattva

I primi due non si possono spiegare senza che prima si siano presi; è una cosa difficile, non so che trucco ci sia, ogni tanto il buddhismo fa dei trucchi… ci sarà una ragione.

I voti del bodhisattva, invece, bisogna spiegarli prima di darli, sono i più autentici.

I voti di pratimoksa sono di due tipi:

a) laici - uomini (upasika) - donne (upasaka)

b) monaci

Ogni categoria ha 5 precetti, ma se ne può prendere anche solo uno, o due, tre, quattro. Se si prendono tutti e cinque i precetti si è upasika pieno, un gradino più su ci sono gli upasika completi, sono pochissimi; Milarepa era un upasika completo, Marpa un upasika pieno: la differenza tra i due è che Marpa era sposato.

C'è una differenza tra le 10 azioni virtuose e i 5 precetti: uno dei precetti, “non assumere intossicanti”, non compare tra le 10 azioni. Bere alcolici non è, in sé, un'azione negativa ma, come dice Buddha Sakyamuni, assumere queste sostanze può spingere a compiere azioni che recano danno a noi e agli altri.

Gli altri 4 precetti vengono chiamati “precetti radice”, sono considerati azioni importanti, virtuose, perché ci aiutano a non compiere azioni negative, recando danno.

Stanza 12 - Quante persone malvagie, senza fine come il cielo, posso io uccidere? Ma quando l'atteggiamento mentale dell'ira è ucciso, ucciso è ogni nemico.

La pazienza. Quando diciamo “vedo questa persona e mi nasce la collera” l'errore non è in quella persona, ma nella nostra mente. Se volessimo eliminare dal mondo tutti gli oggetti della nostra rabbia il lavoro non avrebbe mai fine, facciamo prima ad eliminare la collera.

Stanza 13 - Dov'è tanto cuoio da coprire il mondo intero? Il vasto mondo può essere coperto con il cuoio che basta per un paio di scarpe soltanto.

Questo è un mezzo molto abile, da parte di Shantideva, per spiegare il concetto della pazienza. Se vogliamo proteggerci da attacchi esterni dobbiamo indossare l'abito della pazienza.

Stanza 15 - Anche con l'aiuto di corpo e parola, una mente ottusa non dà nessun frutto che regga il paragone con quello prodotto dalla sola mente acuta, come il raggiungimento dello stato degli dei di Brahma.

Perseveranza.

Stanza 16 - L'onnisciente ha dichiarato che ogni recitazione e austerità, pur se praticare per un lungo periodo, sono del tutto inutili se la mente è concentrata su qualcos'altro o è ottusa.

Concentrazione, essenziale per rendere efficace la pratica.

Stanza 17 - Coloro che non hanno sviluppato questa mente, che è nascosta e contiene la somma intera del Dharma, girano in cerchio invano tentando di ottenere la felicità e distruggere la sofferenza.

Saggezza, la conoscenza della comprensione del segreto della mente. Che cos'è il segreto della mente? È molto difficile. Tutta la sofferenza, la nostra sofferenza, il male, il bene, la felicità, l'infelicità dipendono dalla nostra mente, se sappiamo questo, non c'è bisogno di trovare soluzione ai nostri problemi; se siamo coscienti di questo possiamo cambiare le cose molto facilmente. Spesso noi consideriamo le difficoltà come qualcosa che arriva dall'esterno, così ci troviamo sempre in difficoltà, perché il nostro obiettivo e la strada che percorriamo sono diversi. Causa di ciò è l'ignoranza, è il segno che non siamo ancora Buddha.

L'attitudine dei Bodhisattva è di non diventare Buddha troppo presto, desiderano rinascere per poter aiutare gli esseri, quindi non vogliono eliminare queste afflizioni, ma, grazie al loro alto grado di sviluppo mentale, le sfruttano come mezzo abile per questo scopo.

Il problema non è quello di non essere un Buddha, ma di non riuscire ad evolvere, a svilupparci. Anche se ci si sviluppa poco per volta va bene. Tutto dipende dalla nostra mente: cambiando la mente si cambia tutto. Per noi è difficile da accettare.

Stanza 18 - Perciò dovrei governare e sorvegliare bene la mia mente. Se lascio andare il voto di sorvegliare la mente, che ne sarà dei miei tanti altri voti?

Non bisogna fare altro sforzo che proteggere la propria mente.

Scendiamo più in dettaglio per quanto riguarda la pazienza: è contrapposta alla rabbia.

Capitolo 6 - stanza 1- Questa adorazione dei Sugata, la generosità, la buona condotta osservata nel corso di migliaia di eoni: l'odio distrugge tutto ciò.

Non c'è altra azione negativa che quella della rabbia che può distruggere tanto.

Stanza 2 - Non c'è male uguale all'odio, non c'è pratica spirituale uguale alla pazienza. Perciò con vari mezzi, con grande sforzo, si sviluppi la pazienza.

Non esiste altra pratica come quella della pazienza. E non è facile distruggere la rabbia.

Stanza 3 - La mente non trova pace, né gioisce di piacere o diletto, né si addormenta, né si sente sicura finchè il dardo dell'odio è conficcato nel cuore.

Stanza 9 - Che io non turbi il sentimento di gioia partecipe, anche all'arrivo di qualcosa estremamente sgradito. Non c'è nulla di desiderabile nello stato di frustrazione; al contrario, ciò che è salutare viene trascurato.

La rabbia non ci aiuta, con essa non raggiungiamo l'illuminazione.

Stanza 16 - Freddo, caldo, pioggia e vento, viaggio e malattia prigione e percosse: non bisognerebbe essere troppo sensibili al riguardo. Altrimenti l'angoscia peggiora.

A che scopo arrabbiarci se le cose non si possono risolvere? A che scopo se si possono risolvere?

Perseveranza, sforzo gioioso: lo sforzo che non ci procura alcun tipo di difficoltà. La molla che ci fa sviluppare la perseveranza è la comprensione del risultato che la pratica di questa paramita ci procurerà. Ci vuole costanza, non è facile.

E' importante mettere molta energia nella pratica delle sei paramita. Si può praticare una paramita per volta, oppure, in modo più completo, tutte e sei:

generosità delle generosità

etica della generosità

pazienza della generosità

perseveranza della generosità

concentrazione della generosità

saggezza della generosità

e così via.

La pratica della generosità ha due livelli:

1. livello relativo o convenzionale:sapere che cosa dare e a chi; ai monaci, per esempio, non è appropriato offrire cibo dopo mezzogiorno; non è corretto donare armi ecc.

2. livello assoluto: la natura di vacuità della generosità. Quando pratichiamo questa paramita sono coinvolti tre aspetti

donatore

destinatario

oggetto

dobbiamo meditare la natura vuota di questi tre aspetti.

La saggezza è l'occhio di tutte le paramita, senza di essa le paramita sono cieche. Se durante un atto di generosità guardo solo al livello relativo e non a quello ultimo sono ancora immerso nel samsara, e la mia sarà una generosità molto superficiale.

All'inizio è più facile riflettere su questi due livelli separatamente ma, se riusciamo a integrare il livello ultimo nella pratica, questo costituirà un antidoto all'attaccamento al sé, che è l'ignoranza fondamentale. Con il livello relativo sviluppiamo solo la compassione, ma questa non diventa un antidoto. Dharmakirti, un maestro di logica, dice che l'allenamento mentale è positivo, ma non tocca l'ignoranza fondamentale. Per superare quest'ultima c'è bisogno della saggezza che realizza la vacuità, ed è la sesta paramita.

Le prime due paramita sono più adatte a sviluppare la compassione, le altre a sviluppare la saggezza, ma si possono praticare tutte in combinazione e diventano 36 aspetti principali della pratica (6 per 6).

Milarepa ha detto che la pratica delle sei paramita contiene la pratica di tutto il Dharma.

La concentrazione è indispensabile per la realizzazione della saggezza autentica (la-tong = visione profonda): vedere una cosa con modalità che vanno al di là dei concetti ordinari. Quando abbiamo sviluppato una autentica shinè, dobbiamo sviluppare una autentica visione profonda, finchè non l'avremo fatto non avremo modo di affrontare l'ignoranza fondamentale.

Etica, generosità e pazienza sono comuni a tutte le religioni. Perseveranza, concentrazione e saggezza, o visione profonda, sono caratteristiche del buddhismo. Se vogliamo sperimentare la pratica buddhista dobbiamo cercare questo livello, della visione profonda.

Come si può riflettere sulla natura ultima dei fenomeni? Con la meditazione. La meditazione è un fattore chiave, e, in questo caso, c'è bisogno di un'osservazione di tipo analitico. Quando vediamo un oggetto vediamo solo le sue caratteristiche generiche, non andiamo in profondità, ci attacchiamo ad esso e creiamo un'illusione. La visione profonda permette di andare oltre gli aspetti generici e di percepire l'oggetto in modo dettagliato e sotto molteplici aspetti. Buddha ha praticato le sei paramita meditando sui fenomeni in questo modo.

Tutto dipende dallo sforzo della nostra volontà .

giovedì 11 febbraio 2010

ZADANKAI

Il Nuovo Rinascimento n.436 1 febbraio 2010
Grandangolo:
LA CENTRALITÀ DELLE RIUNIONI DI DISCUSSIONE
Quelle stanze senza pareti
di Daisaku Ikeda
Le riunioni di discussione sono la forza e la peculiarità della Soka Gakkai. In questo recente saggio il presidente Ikeda ripercorre i punti fondamentali da tenere a mente per creare un grande movimento delle nostre riunioni di discussione
Io e te
pieni di allegria
compagni di fede dall'infinito passato
sovrani della vittoria.

«Un incontro accogliente è quello in cui ognuno manifesta all'altro sentimenti di rispetto». Queste sono le parole che scrisse lo scrittore tedesco Wolfgang Goethe più di duecento anni fa ne Le affinità elettive. Qui l'espressione "sentimenti di rispetto" può essere interpretata anche con "rispetto gioioso" e "dimostrare rispetto con spirito sereno".
Se Goethe avesse avuto occasione di partecipare alle nostre riunioni di discussione, sicuramente avrebbe espresso a gran voce il suo entusiasmo. Una riunione dove gli amici si scambiano sguardi colmi di rispetto: questa è la tradizionale riunione di discussione di cui noi della Soka Gakkai andiamo fieri.

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Lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry (1900-44) disse: «Scoprire il cuore altrui ci fa sentire più ricchi e ci porta a sorridere e a guardarci negli occhi reciprocamente».
«Iniziamo dalle riunioni di discussione!»: a queste parole in ogni angolo del mondo il viso delle persone si illumina di un sorriso. Nelle isole dell'estremo nord, in Ecuador, in Uganda, ma anche in India, terra natale del Buddismo, o in Grecia, dov'è nata la democrazia, nelle metropoli del mondo come New York, Londra, Mosca, Hong Kong, Macao, si tengono riunioni di discussione piene di vitalità.
In questo mondo, caratterizzato da un cuore sempre più desertificato, si sta diffondendo la riunione di discussione, che appare come un'oasi della gente comune che disseta la Terra. Oggi la parola zadankai è diventata internazionale.
La riunione di discussione ha superato i confini geografici del Giappone perché in essa vive lo spirito dell'umanesimo insegnato nel Sutra del Loto: «Se vedrai una persona che accetta e sostiene questo sutra dovrai alzarti e salutarla da lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda» (SDL, 435).

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L'eterna
strada Soka
colma dei tesori
di gioia e felicità
insieme alle famiglie
di tutto il mondo.

Nichiren Daishonin, all'inizio del trattato Adottare l'insegnamento corretto, sedendosi vicino all'ospite parla con tutto il cuore: «Possiamo [...] discutere a fondo» (RSND, 1, 7).
Alle riunioni di discussione, direttamente legate al cuore di Nichiren, non ci sono espressioni fredde di mancanza di compassione. Non ci sono comportamenti autoritari con cui le persone vengono aggredite. Non ci sono disuguaglianze e meri sentimentalismi.
Nelle riunioni di discussione brillano l'incoraggiamento, la fiducia e il rispetto pieno di calore e ciascuno, qualunque sia la sofferenza che sta affrontando, riceve la conferma che ha il diritto di diventare felice e che sicuramente lo diverrà.
Qui non ci sono muri.
Nelle isole Fiji alle riunioni di discussione partecipano anche cattolici e musulmani, allargando così la cerchia delle amicizie.
La riunione di discussione è la patria della repubblica degli esseri umani, dove si condividono gioie e dolori e vengono superate le differenze di razza, credo e posizione sociale.
L'ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid, di religione islamica, mi ha detto durante un incontro: «Scoprire ciascuno i lati belli dell'altro, influenzarsi reciprocamente in modo positivo: questo processo è l'unica strada per far crescere il nostro senso di umanità. Nei momenti di sofferenza e sfortuna è necessario incoraggiarsi e sostenersi l'un l'altro. L'amicizia è veramente il tesoro della vita».

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Nell'aprile del 1942, mentre le nubi della guerra incombevano su tutto il paese, Tokyo subì il primo bombardamento. Nonostante la paura ancora vivida nei cuori, a maggio il primo presidente Tsunesaburo Makiguchi partecipò coraggiosamente alla riunione di discussione nel quartiere di Nakano, a Tokyo. Attraverso la spiegazione del Gosho incoraggiò i membri presenti infondendo loro convinzione. «È normale che le forze demoniache si manifestino. Non dobbiamo averne paura né subire la loro influenza», disse. Makiguchi voleva far capire ai suoi discepoli che, nella lotta per portare avanti il movimento di kosen-rufu e la nostra rivoluzione umana, sicuramente sarebbero apparsi i tre ostacoli e i quattro demoni "facendo a gara per interferire".
Il controllo del governo militarista sui cittadini si fece sempre più rigido, tanto che il solo tenere le riunioni di discussione divenne sempre più difficile. Negli opuscoli distribuiti ai membri della Soka Gakkai si poteva leggere che nel caso di incursioni aeree le riunioni di discussione dovevano essere sospese.
Molto spesso la polizia speciale faceva irruzione nelle riunioni di discussione. Quando il presidente Makiguchi partecipò allo zadankai a casa dei genitori di mia moglie, era presente la polizia speciale per controllare la riunione. Al fianco di Makiguchi sedeva mia moglie: sua madre aveva pensato che, vedendo il presidente accanto a una bambina, la polizia speciale si sarebbe tranquillizzata. Le madri Soka sono forti e sagge.
Il maestro Makiguchi non indietreggiò mai di fronte alle pressioni militariste. Fino a poco prima dell'arresto partecipò alle riunioni di discussione e promosse dialoghi colmi di convinzione.

Il punto di origine dello sviluppo Soka

In qualsiasi epoca e in qualsiasi società la riunione di discussione sarà sempre la forza motrice della Soka Gakkai. Questa era la ferma convinzione del nostro primo presidente. Il mio maestro Josei Toda ha ereditato il cuore e fatti suoi gli ideali del suo maestro. A causa delle pressioni del governo militarista i responsabili centrali, deboli e codardi, abbandonarono la fede. Invece Josei Toda, che incarnava la non dualità di maestro e discepolo, rimase impassibile di fronte all'autoritarismo esercitato dal governo.
«Per ricostruire la Soka Gakkai è fondamentale ripartire dalla riunione di discussione»: questa fu la decisione del presidente Toda - derivata dal lascito spirituale di Makiguchi - quando uscì dalla prigione nel luglio del 1945.
Nove mesi dopo la sconfitta del Giappone, il 5 maggio 1946, il mio maestro partecipò a una riunione di discussione a Kamata, incoraggiando tutti i presenti.
Nel mese di settembre dello stesso anno, Toda si recò per la prima volta dalla fine della guerra fuori città, a Ibaraki, dove partecipò a una riunione di discussione facendo in modo che fosse una riunione allegra e significativa. Adesso, in questo luogo di origine del nostro movimento, c'è il Training Centre di Ibaraki, e qui è stato eretto un monumento dedicato proprio alla riunione di discussione.
Pensando a entrambi i maestri, ho coniato questa frase: «L'asse fondamentale della ricostruzione e dello sviluppo della Gakkai è la riunione di discussione, che portiamo avanti con costanza e tenacia».
La riunione di discussione è il punto di origine del nostro sviluppo. Dalla passione viva delle riunioni nascono il nostro progresso, la nostra crescita e le nostre vittorie. Sia la "campagna di febbraio" che la "campagna di Osaka" sono state realizzate a partire dal palcoscenico delle riunioni di discussione.

Meglio di tante belle parole

È grazie alla riunione di discussione che la Soka Gakkai è forte e non crollerà mai. Il maestro Toda diceva: «Meglio di un milione di belle parole è lo zadankai che sicuramente muove l'ingranaggio di kosen-rufu».

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Risolutamente
sconfigge le persecuzioni
meschine
la famiglia Soka
in solidarietà gioiosa.

Il 18 maggio 1978, dopo aver partecipato alla riunione con i massimi responsabili dell'area di Chugoku, mi recai nella prefettura di Yamaguchi e partecipai alla riunione di discussione del capitolo Otoshi. Arrivai all'improvviso, e quando mi affacciai nella casa dal lato del giardino si levarono esclamazioni di sorpresa. Entrando, sentii da parte dei presenti una certa tensione. Allora scelsi di fare da moderatore facendo in modo che ogni partecipante tornasse a casa soddisfatto e felice di aver partecipato alla riunione; erano presenti anche tanti bambini vivaci. Nell'area di Chugoku, con mia grande gioia, c'è l'ottima tradizione di far crescere i membri della Divisione futuro facendoli partecipare alle riunioni di discussione. In quell'atmosfera familiare piena di calore, dove risuonavano tante risate, passammo in modo naturale a una sessione di domande e risposte. Ascoltando con attenzione ogni singola persona, cercai di incoraggiarle tutte. Ralph Waldo Emerson (1803-1882) affermava che sicuramente un dialogo onesto e allegro moltiplica la nostra forza.
La nostra pratica buddista deve far sì che ognuno sia felice, e la riunione di discussione ha lo scopo di stimolare la fede di ogni persona. I partecipanti sono tutti protagonisti perciò l'ichinen dei responsabili è fondamentale. I responsabili dovrebbero partecipare alla riunione di discussione dopo aver pregato sinceramente per la felicità dei compagni di fede. Anche i preparativi della riunione sono fondamentali. Desidero che ognuno si impegni a trasmettere cuore a cuore rispetto e gratitudine. In particolare lodate quei compagni di fede che stanno lottando dietro le quinte.
Michel de Montaigne (1533-1592) scriveva che negli altri lodava sempre le caratteristiche positive e che non mancava mai di sottolineare i pregi dei suoi amici.
Quando il tempo è limitato è difficile che tutti possano intervenire. Però se si realizza una riunione di discussione colma di coraggio e di determinazioni, dove si riesce a dialogare col cuore, allora sicuramente tutti andranno a casa soddisfatti e desiderosi di partecipare al prossimo incontro.

La prova della vittoria

La riunione di discussione è uno spazio aperto a tutti.
Agli amici del capitolo di Yamaguchi dissi: «I partecipanti non devono dimenticare di impegnarsi sia nell'approfondire la fede che nel far sviluppare la zona in cui vivono». Come possiamo, partendo dalla riunione di discussione, offrire la prova concreta della crescita e della vittoria fino alla prossima riunione?
«Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese» (RSND, 1, 885). Questo è l'invito che ci rivolge Nichiren Daishonin. Nel portare avanti la propria lotta quotidiana, è vitale che sia i responsabili del gruppo sia i responsabili degli altri livelli che partecipano a quello zadankai dedichino le loro energie ad andare a trovare i compagni di fede, mantenendo come asse portante dell'attività la riunione di discussione. E nello stesso tempo devono coinvolgere attivamente i successori, che sono i giovani uomini, le giovani donne e i membri della Divisione studenti.
È importante che la riunione di discussione abbia buon esito, ma questo esito dipende soprattutto dagli sforzi costanti fatti fino al giorno in cui essa si svolge.
I consigli nella fede e il dialogo, le prove concrete nella società, i contenuti che arricchiscono la riunione di discussione: tutte queste cose costituiscono il ritmo dinamico della felicità e della vittoria, funzionano in sinergia con la riunione stessa e sono la base del nostro movimento delle riunioni di discussione.
Attraverso questo continuo allenamento a lucidare la nostra vita si costruisce dentro di noi la fede per ottenere la felicità, per superare le difficoltà e per vincere assolutamente. Inoltre è necessario incoraggiare con molta cura gli amici che non sono riusciti a partecipare alla riunione di discussione e ringraziare con tutto il cuore le persone che offrono la casa. Questo comportamento basato sulla sincerità, non dimentichiamolo, fa parte dei punti cruciali del nostro movimento delle riunioni di discussione di questa nuova era. Un altro punto che vi chiedo di prendere in considerazione è la cura dei rapporti col vicinato, poiché le riunioni di discussione sono inserite nella società in cui viviamo. Non possiamo ricercare solo la soddisfazione personale; se disturbiamo i vicini parcheggiando male motorini e automobili, oppure parlando ad alta voce, la riunione di discussione perde il suo valore e il suo significato. Toda spiegava: «Desidero che le riunioni di discussione siano cariche di compassione amorevole e siano le riunioni numero uno al mondo per la gioia che vi si sperimenta». «Più la società è insicura e spietata e più dobbiamo impegnarci a far sì che le riunioni di discussione siano traboccanti di gioia, fiducia e coraggio».

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Venuti da lontano
al castello dell'amicizia
si sono riuniti,
tutti saranno protetti
da Brahma e Shakra.

Adesso in tutta la nazione le riunioni dei responsabili di Centro sono trasmesse via internet. Nell'isola più a est del Giappone, Yonakuni, nelle vallate o nelle zone mal servite dai trasporti e prive di Centri culturali vicini, in luoghi dove fino a poco tempo fa non esistevano collegamenti via satellite, ora ci si può collegare via internet. Mia moglie e io leggiamo commossi le impressioni che ci inviano le persone lontane dopo ogni riunione. Non importa quanto si è distanti fisicamente, il cuore supera qualsiasi distanza. Anche a Mie, zona dove mi recai cinquant'anni fa dopo il terribile tifone che causò grandi devastazioni, vive un compagno di fede che ancora oggi espone nella stanza dove ospita le riunioni la foto fatta all'epoca insieme a me, come ricordo del legame tra maestro e discepolo. Di fronte all'immagine di quei compagni di fede pieni di vitalità non posso fare altro che giungere le mani in segno di rispetto.
A proposito del luogo in cui è insegnata la Legge corretta, il Sutra del Loto dice: «Immagina che una persona sia seduta nel luogo ove viene esposta la Legge e, quando appare un'altra persona, la inviti a sedere e ad ascoltare, le offra di dividere il suo seggio e la persuada a sedersi» (SDL, 326). Il beneficio che si ottiene è quello di poter sedere insieme a Brahma, Shakra o al re saggio che fa girare la ruota. I benefici accumulati da coloro che offrono la casa per le riunioni sicuramente arriveranno ai nipoti e ai pronipoti, poiché si basano sulla precisa Legge di simultaneità di causa ed effetto. La fiducia che i compagni di fede si guadagnano nella zona in cui vivono fa sì che ospiti e persone illustri partecipino insieme a loro alla proiezione via internet delle riunioni di Centro.
Mi arrivano resoconti che testimoniano come amici e ospiti, guardando queste proiezioni, abbiano approfondito la comprensione del Buddismo. Ci sono stati anche ospiti che, contagiati dalla passione dei giovani, alla fine della riunione si sono uniti alla recitazione del Daimoku. [In Giappone i membri si riuniscono per assistere via internet alle riunioni di Centro - quelle che in Italia vediamo in video - invitando ospiti e simpatizzanti, n.d.r.].

In questo luogo
e in quello, e in quest'altro,
emersi dalla terra
i giovani
vincono.

Nei piccoli incontri c'è la forza per trasformare il cuore di una persona. La scultrice americana Kristine Smock mi ha raccontato di un suo incontro con Martin Luther King: «Poche settimane prima della morte di M.L. King ebbi l'opportunità di partecipare a una piccola riunione cui egli era presente. Grazie alle parole scambiate con lui iniziai a pensare che era necessario un nuovo paradigma culturale basato sulla multiculturalità, che superasse i confini nazionali».
Grazie a questo incontro la Smock decise di diventare lei stessa un ponte fra le culture e da allora ebbe notevoli risultati.
Durante la Seconda guerra mondiale i partigiani della Resistenza francese erano in pochi ma nonostante questo, grazie al fatto che si sentivano profondamente uniti, riuscirono a sconfiggere il nazismo. Ormai fa parte della storia la sconfitta che un gruppo di persone piccolo ma ricco di umanità riuscì a infliggere a un'organizzazione autoritaria e spietata. Sia François Mitterrand (1916-1996) che André Malraux (1901-1976) e René Huyghe (1906-1997), con i quali ho avuto l'opportunità di dialogare, avevano preso parte al movimento della Resistenza.
Un ricercatore ha spiegato qual era il punto di forza della Resistenza: «L'unica cosa che non poteva venir loro tolta o rubata era il dialogo». Furono i dialoghi liberi e sinceri fra compagni suddivisi in piccoli gruppi che resero possibile il raggiungimento dell'obiettivo comune.
Partire dai piccoli gruppi: questa è la fonte più semplice, ma anche la più potente, della vittoria. Anche la mia grande battaglia per la pace è nata dalla riunione di discussione: incontrai il mio maestro il 14 agosto a una riunione di discussione a Kamata.
Nutro grandi aspettative per questo nuovo impulso al movimento delle riunioni di discussione.
Tutti i giorni mia moglie e io preghiamo affinché i giovani bodhisattva, danzando con gioia, portino avanti kosen-rufu per i prossimi cinquanta, sessant'anni.

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Shakyamuni iniziò a trasmettere i suoi insegnamenti partendo dal dialogo con cinque persone. Anche il Daishonin diede vita al flusso eterno di kosen-rufu parlando «a un piccolo gruppo di persone» (RSND, 1, 580), una riunione in cui erano seduti in pochi.
Una parte dell'ideogramma dan di zadankai significa "fiamma". Se il nostro cuore è pieno di ardore, la riunione di discussione sarà piena di passione.
Con l'entusiasmo che nasce da questo movimento dinamico delle riunioni di discussione, che brucia di passione per kosen-rufu, ognuno realizzi la propria rivoluzione umana e apra la strada verso la vittoria completa.
Giovani alzatevi! Donne siate allegre! Uomini radunatevi coraggiosamente!
Scacciate le nubi nere che incombono sulla nostra società confusa e fate risuonare la canzone della vittoria!
Il brillante ottantesimo anniversario ci vedrà vincitori, insieme alle riunioni di discussione!

Dieci milioni
di amici della Soka
continuerò a lodare
fino a realizzare
il voto dell'infinito passato.

(dal Seikyo Shimbun dell'11 dicembre 2009)

Vita di gruppo / Le sorprese di Lapo
Lapo arriva nel gruppo qualche mese fa, raccontando di attraversare un momento difficile. All'inizio io, una delle responsabili di gruppo, cerco di stabilirci un legame, con scarso successo, e pensando di stargli antipatica lascio perdere, contando sul fatto che in ogni caso frequenta altri buddisti che lo stanno seguendo nei primi passi. Lapo è quasi sempre presente alle riunioni di discussione, ma non interviene mai, non parla, non si espone, tanto che mi aspetto di vederlo sparire da un momento all'altro. E poi... durante una riunione bruscamente gli chiedo di preparare il prossimo incontro. Lui mi chiede aiuto, fissiamo di vederci qualche giorno dopo. E lì la prima sorpresa: mi racconta cose di sé, della sua vita, che mi fanno sentire piccola piccola. Non posso credere che stia affrontando tante difficoltà da solo. Prepariamo poi l'argomento, concordando passo passo cosa dire, per me che improvviso sempre non è facile, ma lo faccio per lui. La sera della riunione di discussione Lapo, dopo aver atteso il suo momento in silenzio, con sicurezza, estro e precisione ha fatto un intervento che ha strappato un applauso a tutto il gruppo! Che sorpresa! La cosa più bella per me, al di là della scoperta delle potenzialità di Lapo, è stato vedere il suo sorriso smagliante e orgoglioso alla fine della riunione. Grazie Lapo. Non smettere mai di sorridere!
Cristina Mannini

Un'oasi per la gente
C'è un luogo che permette a ciascuno di rivitalizzarsi: è la riunione di discussione. Quando Carmen si è trovata in un paese lontano ha riscoperto il calore della famiglia Soka e il sostegno dei suoi membri
di Carmen Innocenti

Nel 2007 per me e mio marito è iniziata l'avventura in un paese mediorientale. Eravamo contenti e pieni di speranza, come lo si può essere quando finalmente realizzi un obiettivo per il quale hai lavorato a lungo, anche se allo stesso tempo eravamo consapevoli delle incognite e delle difficoltà che avremmo potuto affrontare in un paese straniero.
Dopo un mese io e Simone abbiamo deciso di ricominciare a partecipare agli zadankai: ci mancava il confronto con gli altri membri e l'incoraggiamento che ne deriva.
Abbiamo sentito che il nostro Daimoku non bastava e che, se volevamo essere felici e contribuire a kosen-rufu, dovevamo "alzarci noi per primi"; quindi abbiamo iniziato a tenere le riunioni di discussione anche se eravamo solo io e lui, leggendo brani della Nuova rivoluzione umana e incoraggiandoci a vicenda. Poco dopo, per una "strana" coincidenza, mio marito scoprì la presenza di altri membri della SGI e così, ancora increduli, partecipammo al primo zadankai nel nuovo paese.
Questa piccola comunità di membri, provenienti per la maggior parte da paesi asiatici, mi ha accolta come si accoglie una figlia, facendomi sentire fin da subito protetta dalla purezza della loro fede e incoraggiata dalle loro esperienze. All'inizio non parlando bene l'inglese, alternavo la gioia di aver trovato la "famiglia" buddista in quel paese sperduto alla frustrazione di non poter contribuire quanto avrei voluto. Quel periodo di difficoltà mi ha aiutato a sviluppare quella compassione buddista che arriva al cuore anche senza parole e senza un linguaggio perfetto.
L'attività è completamente diversa da quella a cui ero abituata. Anzitutto le riunioni di discussione si tengono ogni venerdì e non recitiamo mai insieme se siamo in gruppi numerosi; non si scambiano messaggi di attività usando indirizzi e-mail di lavoro né ci si manda sms parlando di meeting ma di "tea party". Il motivo è che la SGI non è riconosciuta (ancora!) nel paese e non è possibile fare shakubuku.
Oggi, da una parte, sono ancora più cosciente di quanto sono stata fortunata a poter vivere in libertà la mia fede in Italia e dall'altra provo gratitudine per il fatto di far parte di un gruppo eterogeneo, che accoglie tante nazionalità differenti e che dimostra ogni giorno come ricercare l'unità accettando le differenze. Gli incoraggiamenti ricevuti allo zadankai mi hanno aiutata a comprendere che kosen-rufu può essere realizzato smettendo di cercare scuse e giustificazioni, e iniziando ad agire nel concreto come discepoli di Ikeda.
Il mio Daimoku è oggi più puro, sincero, meno finalizzato agli scopi e indirizzato a risvegliare la consapevolezza di essere Budda, comunque e per sempre. Oggi mi perdo meno nei pensieri, una mia caratteristica del passato, e mi fido meno della mia capacità di parlare: utilizzo invece molto di più la pratica, per toccare la vita delle persone intorno a me con le mie azioni e la compassione, che mi sforzo di sviluppare ogni giorno.
In due anni abbiamo quasi raddoppiato in modo naturale il numero di partecipanti e sono sicura che insieme stiamo mettendo le basi per kosen-rufu nel paese. Devo tutto questo ai miei amici membri, al loro spirito indomabile di pionieri e alle nostre riunioni di discussione, così aperte e sincere.

mercoledì 10 febbraio 2010

Dodici principi fondamentali del buddismo
di Christmas Humphreys, uno dei padri del buddismo europeo.
Tratto da "Il buddhismo" di Christmas Humphreys, Edizioni
Ubaldini, Roma, 1964
Un testo del 1945 in cui l'autore, della Società Buddhista di
Londra, tentò di enumerare una serie di principi che
accomunassero tutti i tipi di Buddhismo.
1) Raggiungere la propria salvezza è per tutti un compito non rinviabile. Se un uomo è
stato ferito da un dardo, non procrastinerà l'estrazione dello stesso chiedendo notizie
sul feritore o sulla lunghezza e caratteristiche del dardo.
Si cominci subito a guardare in viso la vita come essa è, imparando sempre per
esperienza personale diretta.
2) Il primo fatto incontrovertibile dell'esistenza è la legge del continuo mutamento, o della
decadenza.
Tutto quel che esiste - un topo, una montagna, un pensiero, un impero - passa attraverso
il medesimo ciclo d'esistenza, cioè nasce, cresce, decade, scompare. Solo la vita ha
continuità, sempre alla ricerca d'autoespressione in nuove forme. "La vita è un ponte: non
costruiteci sopra nulla. La vita è un processo in perenne fluire, chi s'aggrappa a
qualsivoglia forma, per splendida che sia, soffrirà, perché avrà cercato di opporsi alla
corrente".
3) La legge del continuo mutamento si applica parimenti all'uomo. Non v'è principio
alcuno, in un individuo, che sia immortale e immutabile. Soltanto il "senza nome", la
realtà ultima, è al di là d'ogni mutamento. Ogni forma di vita, incluso l'uomo, è una
manifestazione della realtà ultima. Nessuno possiede la vita che scorre in lui, come
nessuna lampadina possiede la corrente che le fornisce luce.
4) L'universo è l'espressione di leggi. Ogni effetto ha una causa e l'anima o indole
dell'uomo è il risultato finale dei suoi precedenti pensieri e azioni. Il karma, che significa
azione-reazione, governa ogni esistenza e l'uomo è forse l'unico creatore delle proprie
circostanze e della propria reazione ad esse, del proprio stato futuro e del proprio
destino ultimo. Mediante il retto pensiero e la retta azione egli può gradualmente purificare
la propria indole e cosi', grazie alla realizzazione delle facoltà latenti, potrà conseguire,
con l'andar deltempo, la liberazione dalla rinascita. Questo processo abbraccia lunghissimi
periodi di tempo e varie rinascite, ma ogni forma di vita raggiungerà certamente il risveglio.
5) La vita è una e indivisibile, sebbene le sue forme sempre mutevoli siano innumerevoli e
caduche. Dunque, in definitiva, non c'é morte alcuna, sebbene ogni forma di vita debba
morire. Dalla comprensione dell'unità della vita scaturisce la compassione, un senso
d'identità con le altre forme di vita. La compassione èdescritta come "la legge delle leggi -
l'eterna armonia" e chi rompe quest'armonia dovrà soffrire, ritardando il proprio risveglio.
6) Poiché la vita è una sola, gli interessi d'una parte dovrebbero coincidere con quelli del
tutto. Nella sua ignoranza l'uomo pensa di adoprarsi con successo al raggiungimento dei
propri interessi. Questa mal diretta, egoistica energia produce sofferenza. L'uomo impara,
soffrendo, a ridurre e, infine, ad eliminare la causa della propria sofferenza -. Il Buddha
insegnò quattro nobili verità: a) la realtà della sofferenza b) la sua origine e la sua
cessazione d) il sentiero che conduce alla sua cessazione, ossia l'ottuplice sentiero.
7) L'ottuplice sentiero consiste in 1) retta convinzione 2) retta aspirazione 3) retta parola
4) retta azione 5) retti mezzi di sostentamento 6) retto sforzo 7) retta concentrazione
8) retta meditazione. Poiché il buddismo è una prassi di vita, il percorso di tale sentiero è
essenziale alla propria liberazione. "Desisti dal fare il male, impara a fare il bene, purifica il
tuo cuore. Questo è l'insegnamento di tutti i Buddha".
8) La realtà ultima non si può descrivere e un dio non è la realtà ultima. Ma il Buddha, un
essere umano, divenne il risvegliato: il fine della vita è perciò il conseguimento del
risveglio. Questo stato, il nirvana, l'estinzione delle limitazioni dell'io, si può raggiungere in
questa stessa vita. Tutti gli uomini e tutte le altre forme di vita contengono "in nuce" la
facoltà di raggiungere il risveglio. Si tratta, quindi di diventare quel che già si é. "Guarda
dentro di te: tu sei il Buddha".
9) Tra il risveglio potenziale e la sua attuazione si stende la via di mezzo, il sentiero degli
otto elementi. Esso va dal desiderio alla pace; un processo di autosviluppo fra gli opposti
che evita gli eccessi. Il Buddha percorse questa via fino alla fine. E l'unica fede richiesta
dal buddismo è la credenza ragionevole che là dove una guida è già proceduta, vale la
pena che procediamo anche noi. Tale via deve essere percorsa dall'uomo integralmente,
sviluppando cuore e mente (saggezza e compassione). Il Buddha fu anche "il pienamente
compassionevole" oltre ad essere "il pienamente illuminato".
10) Il buddismo mette in risalto la necessità della concentrazione e della meditazione che
conduce allo sviluppo delle facoltà spirituali. La vita interiore è altrettanto importante
quanto l'attività esteriore quotidiana e periodi di calma per la mente sono essenziali
per una vita equilibrata. Il buddista dovrebbe essere sempre "attento e padrone di sé",
alieno da ogni attaccamento emotivo ed intellettuale per il fuggevole spettacolo della vita.
Tale atteggiamento sempre cauto nei riguardi delle circostanze, che egli sa essere una
propria creazione, lo aiuta a mantenere sempre sotto controllo le proprie reazioni alle
circostanze.
11) Il Buddha disse: "Datti da fare per la tua salvezza con diligenza". Il buddismo non
riconosce alcuna autorità per accertare il vero, tranne l'intuizione del singolo. Ognuno
deve subire le conseguenze dei propri atti e trarne ammaestramento, mentre aiuta i propri
simili a raggiungere la stessa liberazione. E le preghiere rivolte al Buddha o a qualsivoglia
divinità non potranno impedire a un effetto di far seguito alla sua causa. I monaci buddisti
sono maestri ed esempi, ma in nessun modo sono intermediari fra la realtà ultima e
l'individuo. E' praticata la massima tolleranza verso ogni altra religione e filosofia, perché
nessuno ha il diritto di intromettersi nel viaggio del suo prossimo verso la meta.
12) Il buddismo non è pessimista né evasivo: non nega l'esistenza di dio o dell'anima, ma
dà la propria interpretazione di questi termini. E' un sistema di pensiero, una religione, una
scienza spirituale e un'arte di vivere, ragionevole pratico, onnicomprensivo. Per più di
duemila anni ha soddisfatto i bisogni spirituali di circa un terzo dell'umanità. Esercita un
fascino per l'Occidente perché non ha dogmi, soddisfa al tempo stesso la ragione e
il cuore, insiste sulla necessità di fare affidamento su se stessi e d'essere tolleranti verso
le altrui opinioni, abbraccia scienza, religione, filosofia, psicologia, etica ed arte, ritiene che
l'uomo sia il creatore della propria vita attuale e l'artefice del proprio destino.

NAM-MYOHO-RENGE-KYO

I sette ideogrammi usati per scrivere nam-myoho-renge-kyo sono la sequenza giusta per generare onde nel profondo mare interiore, portando benèfici effitti in superficie.
La Buddità riconosce questa lingua.

Purtroppo l' umanità contemporanea soffre di indolenza dell'Anima.
La gente non è pronta a impegnarsi nella dimensione spirituale della Vita
Daisaku Ikeda

Il Buddismo di Nichiren Daishonin

Giappone, anno 1253. In un paese dove ormai da tempo fiorivano innumerevoli sette, correnti e scuole di pensiero buddista, Nichiren - monaco trentenne studioso delle religioni - visita i principali templi per studiarne a fondo le varie dottrine. Dopo 15 anni di ricerca, arriva a stabilire un nuovo tipo di pratica, naturalmente basata sugli insegnamenti del Budda Siddharta (vissuto in India fra il VI e il V secolo a.C. e conosciuto in Giappone come Shakyamuni) e le successive interpretazioni date da grandi studiosi e filosofi indiani, cinesi e giapponesi.
In particolare Nichiren ritiene di fondamentale importanza uno degli ultimi insegnamenti predicati da Siddharta: il Sutra del Loto (in sanscrito Saddharma Pundarika Sutra), ancora oggi considerato fra i testi più importanti e influenti dell'intera corrente Mahayana (che rappresenta uno dei tre filoni principali in cui si è sviluppato il Buddismo).
Nel Sutra del Loto, il Budda rivela l'esistenza di una forza vitale universale che genera, permea e regola tutti i fenomeni della vita. Ogni essere umano - egli dice - indipendentemente dalla razza, sesso, cultura o epoca, possiede in sé questa condizione vitale illuminata (definita Buddità, da un termine sanscrito che significa "illuminato"), così come in ognuno sono presenti altri stati vitali che si manifestano nelle varie forme dell'umana natura (collera, avidità, gioia, sofferenza e così via).